Il primo saluto di Cristo Risorto è stato “Pace a voi “. Il concetto della pace è ancora al centro delle comunità cristiane o si fa fatica a parlarne? Sono giorni nei quali questa domanda è diventata ancora più urgente. A che punto è la Chiesa nel suo impegno per la pace? Noi veniamo da secoli in cui anche la Chiesa ha dovuto confrontarsi con la logica della guerra. Sant’Agostino, un po’ con fatica, perché la Chiesa nei primi anni non accettava di essere coinvolta in questioni di guerra, ha elaborato la cosiddetta dottrina della guerra giusta secondo la quale, in determinate condizioni, poteva esserci una guerra giusta. Come Chiesa siamo andati avanti un po’ troppo a lungo con questa idea della guerra giusta. Solo durante la prima guerra mondiale papa Benedetto XV ebbe a scrivere ai Capi di Stato di smetterla con quella che era un’inutile strage. Nonostante quell’inutile strage un’altra ben più grande attendeva l’Europa con la seconda guerra mondiale. Successivamente abbiamo vissuto la guerra fredda e la deterrenza nucleare. Finalmente con Papa Giovanni XXIII, che scrive l’enciclica Pacem in terris, la guerra torna ad essere considerata solo una follia. Il Papa scriveva che pensare di risolvere nell’era nucleare i conflitti con la guerra è “alienum a ratione“ espressione che un mio predecessore come presidente di Pax Christi, don Tonino Bello, ha tradotto con “è roba da matti“. Papa Francesco ha avuto il coraggio di dire alla Chiesa di smetterla con il concetto di guerra giusta perché la guerra è follia, è omicidio. Ma la Chiesa e le nostre comunità sono in cammino sulla strada della profezia della pace? Purtroppo da quello che noto, la risposta è no. Sembra un argomento non dico tabù, ma non vi prestiamo la giusta attenzione. Eppure la pace dovrebbe essere il primo argomento per un cristiano. Non è possibile che la Chiesa oggi non sia convinta che la missione dei cristiani sia quella di portare la pace in ogni casa. Se ancora abbiamo paura della pace e ci nascondiamo dietro concetti come la legittima difesa o la deterrenza, arriviamo al punto che alle manifestazioni convocate per il riarmo dell’Europa partecipino anche associazioni cattoliche. Il linguaggio che si usa è sicuramente importante e se si vuole la pace bisogna parlare di pace e non di guerra e armi. C’è ancora spazio oggi per un movimento pacifista che sappia spingere la parola pace nel dibattito pubblico? Certo, è importante la questione lessicale. Come diceva don Tonino, la pace, più che un vocabolo, è un vocabolario che dobbiamo saper declinare in tutti gli aspetti della nostra vita. Più che la parola pacifista io amo la parola pacifico. Gli “ismi“ fanno sempre porre qualche domanda. I pacifici autentici sono quelli che innanzitutto sposano come stile di vita la non violenza, che vuol dire sia non praticare mai la violenza sia fisica che verbale, ma anche frapporsi tra i contendenti, non per armare uno o l’altro, ma per dire “giù le armi“ e favorire il dialogo. Il movimento è pacifico solo se rifiuta la logica delle armi. Papa Francesco ha posto la domanda se sia possibile sperare in un mondo senza armi. Il pacifismo vero rifiuta le armi. Se la politica non riaffermerà la sua autonomia dal capitale delle armi non andremo da nessuna parte. Purtroppo la politica è oggi sotto ostaggio della lobby delle armi. Una delle campagne promosse da Pax Christi e dalla Rete italiana Pace e Disarmo è Italia ripensaci. Invitiamo lo Stato italiano a sottoscrivere il Trattato di proibizione delle armi nucleari che mira a dichiarare illegali le armi nucleari, promosso dall’Onu e sottoscritto da un’ottantina di paesi ma non dall’Italia. La logica militare pervade ormai anche le giovani menti. Nelle scuole sono molto attive le Forze Armate durante l’orientamento e i numeri crescenti di chi sceglie la carriera militare lo dimostrano… Come Pax Christi ci siamo uniti all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole. La scuola ripudia la guerra e siamo contro la presenza dei militari nelle scuole. Se c’è un luogo dove non si dovrebbe mai parlare di guerra e di armi è proprio la scuola.
Angelo Maffione