Omelia festa chiesa diocesana 2025.1
Il vangelo appena ascoltato descrive l’intensa attività missionaria di Gesù e il coinvolgimento dei settantadue inviati a due a due in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Settantadue, quante erano le nazioni, le etnie allora conosciute, ogni città e luogo indicano una totalità che esclude ogni restrizione di campo o limitazione di energie da spendere, ogni selezione e conseguenti scelte o esclusioni di luoghi o di destinatari. È questo il respiro bello e autentico della missione. A questa missione i discepoli di ogni tempo sono chiamati a collaborare.
Gesù afferma che la messe è abbondante ma sono pochi gli operai che si spendono nel lavoro richiesto, nella missione loro affidata. Per questo c’è bisogno di risvegliare la consapevolezza di un campo, ogni città e luogo, già pieno di abbondanti doni di grazia provenienti dal cuore di Dio e, contemporaneamente, di un impegno generoso e concreto da parte di ciascuno.
È interessante osservare che, di fronte a questa situazione, Gesù non proceda con un “all’opera”, ma con un “pregate”. Inoltre, coloro i quali sono invitati a pregare perché il padrone della messe mandi operai, sono gli stessi che vengono inviati: invitati alla preghiera e, poi, inviati alla missione.
La preghiera precede e accompagna la missione, ne è l’ambito vitale; si accoglie e si compie la missione come frutto-conseguenza della preghiera. È, questa, una logica che deve sempre accompagnarci: preghiera e missione, preghiera e attività pastorale, preghiera e vita!
Questo significa che da una parte siamo autentici missionari nella misura in cui la nostra missione è preceduta e accompagnata dalla preghiera; dall’altra la preghiera al padrone della messe sarà autentica nella misura in cui ci manteniamo a disposizione per questo compito.
Fondamentale è la disponibilità a lasciarci chiamare, a lasciarci coinvolgere, a lasciare noi stessi, a non essere vincolati, platealmente attaccati a persone, luoghi, situazioni. Nella logica missionaria al centro c’è sempre e solo Gesù. Come suoi discepoli, a volte, dovremmo con semplicità domandarci se siamo persone che favoriscono l’annuncio del Regno e la testimonianza del vangelo, dovremmo umilmente essere disponibili alla conversione del nostro cuore e alla purificazione da tutto ciò che non fa bene a noi e nemmeno alla missione della chiesa.
Ci sia di aiuto la preghiera, esperienza necessaria per l’autenticità della missione. Ci sia di aiuto la disponibilità alla missione, condizione necessaria per l’autenticità della preghiera. L’una è misura e prova dell’altra.
Lo scenario che viene prospettato dal racconto evangelico è quello di una missione in mezzo ai lupi. Il testo parallelo di Matteo ci dice della presenza di folle che appaiono stanche e sfinite come pecore senza pastore. Lo sguardo di Gesù è straordinario, è capace di vedere, attraverso questo panorama non proprio rassicurante, una messe abbondante, biondeggiante, pronta per la mietitura.
Anche oggi, pur consapevoli delle tante situazioni di difficoltà dentro e fuori la Chiesa, abbiamo bisogno dello stesso sguardo di Gesù. Abbiamo bisogno dello sguardo di chi ha il cuore pieno di speranza per riconoscere in ogni situazione, in ogni luogo, in ogni essere umano la presenza di una messe pronta per la mietitura.
Chiediamo questo prezioso dono per ciascuno di noi e per la nostra chiesa. Un dono da ottenere dall’alto, da Dio, e contemporaneamente un seme da coltivare perché cresca e porti frutto, sostenga e accompagni il nostro cammino: «…la speranza è il segreto della vita cristiana. Essa è il respiro assolutamente necessario sul fronte della missione della Chiesa (…). Occorre quindi rigenerarla nei presbiteri, negli educatori, nelle famiglie cristiane, nelle famiglie religiose, negli Istituti Secolari. Insomma, in tutti coloro che devono servire la vita accanto alle nuove generazioni» (Nuove Vocazioni per una Nuova Europa, 3).
Permettetemi ora, tenendo conto di quanto emerso dai diversi gruppi di conversazione nello Spirito e dall’esperienza pastorale che abbiamo vissuto lo scorso anno, di richiamare alcune priorità pastorali in rapporto alle quali c’è stata una generale convergenza. Possiamo raccogliere queste priorità in cinque aree:
- la formazione e l’assunzione di linguaggi adeguati ai tempi e ai luoghi;
- la scuola, opportunità di incontro con i giovani; gli insegnanti di religione come presenza della chiesa nel mondo della scuola; e importanza della loro partecipazione attiva nella vita ecclesiale;
- la vicinanza alla gente e l’ascolto, il camminare con gli ultimi e il servire i poveri;
- i laici protagonisti dell’evangelizzazione;
- la corresponsabilità nella missione e nella guida della comunità.
L’impegno che ora ci attende è quello di indicare quali scelte concrete intraprendere, proprio all’interno delle priorità pastorali appena richiamate, perché possiamo esprimere il nostro essere marcati a fuoco dalla missione di illuminare, benedire, vivificare, sollevare, guarire, liberare (Cf. Evangelii Gaudium, 273).
Concludo richiamando alcune esortazioni, da non lasciar cadere, che Papa Leone XIV, il 17 giugno scorso, ha rivolto alla Conferenza Episcopale Italiana:
«In primo luogo: andate avanti nell’unità, specialmente pensando al Cammino sinodale (…). Restate uniti e non difendetevi dalle provocazioni dello Spirito. La sinodalità diventi mentalità, nel cuore, nei processi decisionali e nei modi di agire.
… Guardate al domani con serenità e non abbiate timore di scelte coraggiose! Nessuno potrà impedirvi di stare vicino alla gente, di condividere la vita, di camminare con gli ultimi, di servire i poveri. Nessuno potrà impedirvi di annunciare il Vangelo, ed è il Vangelo che siamo inviati a portare, perché è di questo che tutti, noi per primi, abbiamo bisogno per vivere bene ed essere felici.
Abbiate cura che i fedeli laici, nutriti della Parola di Dio e formati nella dottrina sociale della Chiesa, siano protagonisti dell’evangelizzazione nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli ospedali, negli ambienti sociali e culturali, nell’economia, nella politica».
Auguri di buona festa della Chiesa diocesana a tutti noi e buon lavoro nella prosecuzione del nostro convegno pastorale.
