I Santi Patroni

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San Nicola Pellegrino – Patrono principale dell’Arcidiocesi

 

Era nato nel 1075 a Stiro in Grecia e, dopo aver trascorso alcuni anni in solitudine, giunse in Puglia, che percorse tutta intera con una croce in mano, invocando la misericordia di Dio con l’invocazione ‘Kyrie Eleison’. Provenendo da Taranto, dove per il suo continuo gridare “Kyrie eleison” il vescovo Alberto lo aveva fatto frustare, il 20 maggio 1094 giunge a Trani. Qui predica per le strade della città e attira e riunisce intorno a sé i ragazzi, dando loro della frutta e facendo ripetere loro la sua invocazione.  Convocato dall’arcivescovo Bisanzio I, Nicola spiega il suo modo di agire, che si richiama alla “follia” evangelica. Il presule, cogliendone la singolare spiritualità, gli concede il permesso di restare, ma pochi giorni dopo si ammala e il 2 giugno 1094, all’età di 19 anni, rende la sua anima a Dio, lasciando dietro di sé una grande fama di santità.

Dopo la sua morte fiorirono numerosi miracoli. Nel Sinodo Romano del 1099 il vescovo di Trani legge la vita e i miracoli di Nicola, chiedendo all’Assemblea che il venerabile Nicola venisse iscritto nel catalogo dei Santi per i meriti avuti in vita e per i miracoli avvenuti post mortem.

Il papa Urbano II emanò un ‘Breve’ che autorizzava il vescovo di Trani, dopo opportuna riflessione, ad agire come riteneva più opportuno. Tornato a Trani, il vescovo lo canonizzò nel 1099. Nel 1142 le spoglie mortali furono solennemente traslate nella imponente Basilica costruita in suo onore.

Nel 1748 papa Benedetto XIV lo inserì nel Martirologio Romano, che così riporta: «A Trani in Puglia, san Nicola, che, pellegrino nato in Grecia, percorreva tutta la regione portando in mano una croce e ripetendo senza interruzione: Kyrie eleison».

 

 

San Ruggero Vescovo – Patrono principale dell’Arcidiocesi

 

Nacque a Canne tra il 1060 e il 1070. Per la sua vita caratterizzata da una grande religiosità godé di ampia stima presso i suoi concittadini. Sì che quando venne a mancare il vescovo locale, a furor di popolo si caldeggiò la sua elezione, ritenendolo il più idoneo ad assumere l’ufficio episcopale. Inizialmente Ruggero rifiutò, ritenendosi non all’altezza del compito; ma di fronte all’insistenza del clero e del popolo, in cui volle scorgere la volontà di Dio, accettò l’incarico. Secondo la tradizione aveva 30 anni ed era diacono.

Ruggero si spese pienamente per il popolo che gli era stato affidato, contribuendo alla ricostruzione morale e materiale della città, duramente provata dalla devastazione operata da Roberto il Guiscardo nel 1083. Punto di riferimento per gli ultimi, per i più poveri, lasciò questa vita il 30 dicembre 1129, all’età di 60 anni circa. Alla sua morte fu acclamato santo e il suo corpo fu tumulato nella cattedrale. Ma di fronte al continuo e progressivo declino della città di Canne, nel 1276 il corpo del santo fu trasferito a Barletta e custodito prima in S. Maria Maggiore e poi presso le benedettine di S. Stefano, ora di S. Ruggero.

 

 

 

Beata Vergine Maria dello Sterpeto – Compatrona dell’Arcidiocesi

 

L’antica icona bizantina della Madonna dello Sterpeto prende nome dalla località a tre km di distanza da Barletta. Sull’origine del culto il racconto tradizionale risente di un alone di leggenda. Le prime notizie storiche su una chiesa di Santa Maria dello Sterpeto, affidata alle cure di un abate – probabilmente a capo di una comunità benedettina – ci riportano al XIII secolo. Nei secoli seguenti è altalenante la sorta dell’abbazia dello Sterpeto, che alterna periodi di declino ad altri di ripresa, sì che «le vicende di questa chiesa sono assai varie come assai grande è oggi il culto che i barlettani prestano alla loro protettrice» (Salvatore Santeramo).

Altrettanto varie sono le vicende relative al quadro della Madonna, il cui rinvenimento la tradizione colloca intorno alla metà del Seicento. Alcuni contadini, intenti a lavorare dove prima sorgeva l’antico monastero, scoprirono un sotterraneo e qui rinvennero il quadro della Vergine. Correva la terribile pestilenza del 1656, che stava devastando anche Barletta, e in tale tragico contesto immediatamente si sviluppò il culto popolare intorno a quella immagine, che si cominciò a considerare e venerare come  “patrona della città”.

Un ulteriore drammatico evento, quale fu il terremoto del 1731, che non fece vittime tra la popolazione, portò l’amministrazione comunale a chiedere all’Arcivescovo di Trani di proclamare ufficialmente la Madonna dello Sterpeto “Protettrice di Barletta”, voto esaudito con provvedimento arcivescovile del 31 maggio 1732.

Punto di arrivo di una tradizione secolare, la storia “mariana” della città ha trovato un’ulteriore e ufficiale sanzione con la proclamazione di Barletta a Civitas Mariae con Bolla dell’arcivescovo Giovan Battista Pichierri dell’8 maggio 2009.

 

Santi Mauro vescovo, Sergio e Pantaleo – Patroni principali dell’Arcidiocesi

 

La tradizione narra che Mauro, oriundo di Betlemme, fatto vescovo dall’apostolo Pietro, approdò sulle coste dell’Apulia per divulgare la nuova fede cristiana. La sua parola fu ascoltata da due nobili cavalieri romani parenti dell’imperatore Traiano: Sergio, governatore della città di Bisceglie, e Pantaleone, soprintendente delle guardie. I due si convertirono al cristianesimo e per questo furono arrestati: condotti in carcere, furono sottoposti, e con la forza, e con le lusinghe, a più tentativi per convincerli a ripudiare la fede cristiana. Di fronte al loro rifiuto, furono condannati a morte. La sentenza fu eseguita in Bisceglie il 27 luglio 117: Sergio fu scarnificato vivo con uncini di ferro, Pantaleone fu affisso ad una croce, Mauro fu decapitato.

I loro corpi furono gettati in pasto alle bestie, che tuttavia non li mangiarono. I miseri resti furono

pietosamente raccolti da una donna di fede cristiana, Tecla de Fabiis, e portati in una villa di sua proprietà nella vicina contrada Sagina, dove li compose in un sepolcro sul quale eresse un piccolo oratorio che dedicò a San Sergio, di cui pare fosse lontana parente.

Le loro reliquie furono ritrovate dopo dieci secoli, il 10 maggio 1167; informato dell’accaduto, il vescovo Amando le fece trasportare in Bisceglie il 9 giugno 1167 presso la chiesa di san Fortunato. Di qui furono portate in quella di san Bartolomeo e, allorché si ultimarono i lavori nel soccorpo della Cattedrale, il 30 luglio 1167 furono lì traslate e collocate in tre cassette di pietra.

Il 20 ottobre 1475 vennero riesumate e collocate in un’unica urna di cipresso.