OMELIA DELL’ARCIVESCOVO IN OCCASIONE DELLE ORDINAZIONI DIACONALI

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Omelia in occasione delle ordinazioni diaconali
Trani, Cattedrale, 25 settembre 2021

XXVI Domenica del Tempo Ordinario
Mc 9,38-43.45.47-48

Nei versetti che precedono il brano del Vangelo appena proclamato, per due volte Gesù annuncia la sua passione. Pietro, non capendo e non accettando le parole del Signore sulla sofferenza e morte che lo aspettano, non trova di meglio che mettersi a rimproverarlo. E mentre Gesù parla di servizio, di vita donata, i discepoli si mettono a discutere chi fosse più grande, il primo, il più importante. Non comprendono, c’è una distanza tra il loro pensiero e quello del Maestro che non riescono a colmare.
Anche Giovanni, come abbiamo ascoltato dal racconto di San Marco, dimostra di non intendere l’insegnamento del Signore. Addirittura crede di aver compiuto un’azione meritevole di lode: insieme ad altri discepoli volevano impedire che una persona, non appartenente al loro gruppo, scacciasse i demoni in nome di Gesù. Gesù li rimprovera: “non glielo impedite … : chi non è contro di noi è per noi”. Queste parole sono invito a evitare tutte le forme di fondamentalismo o di settarismo e a chiederci cosa ne facciamo della nostra fede: un motivo per creare i lontani, per escludere chi non è dei nostri, per creare fazioni, per chiuderci, per sentirci superiori oppure, al contrario, un messaggio di salvezza per tutti? Dobbiamo riconoscerlo, ancora oggi nella chiesa l’arrivismo, il primeggiare, il credersi e sentirsi necessari e insostituibili, sono piaghe non guarite che producono, purtroppo, conflitti e divisioni, appesantimenti e rallentamenti al cammino di tutta la comunità.
Carissimi Felice, Michele e Silvio sentitevi, come diaconi, chiamati al servizio più importante: il servizio della comunione! Evitate, con il comportamento e con le parole, di essere occasione di divisione, o di fomentare sulla base della non condivisione, della lamentala, del chiacchiericcio, fazioni che non portano da nessuna parte e frenano il cammino della nostra chiesa diocesana.
L’insegnamento di Gesù invita ciascuno a valutare il proprio comportamento nei confronti degli altri che credono in lui, soprattutto se piccoli, semplici: a non scandalizzarli, a non essere di ostacolo alla loro fede, di inciampo al loro cammino. È molto severo nei confronti di chi dovesse scandalizzare questi piccoli: “meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare”.
La posta in gioco è alta. Non possiamo compromettere il nostro ingresso nel regno di Dio, nella vita bella vissuta alla sua presenza, guidata dal suo amore di Padre. Piuttosto che perdere questo dono, tesoro inestimabile, perla preziosa, infinitamente più grande di ogni cosa, sarebbe meglio, dice Gesù con linguaggio paradossale, cavare l’occhio, tagliare la mano o il piede che fossero motivo di scandalo.
Cosa conta veramente nella vita di una persona? Cosa significa essere grandi o primi? Gesù affronta la questione e capovolge i criteri che spesso abitano anche il cuore e la mente di tutti noi: “se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti”. La verità della vita si chiama servizio, dono gratuito di sé; chi vuol essere primo, secondo questa logica, non può che essere l’ultimo a servizio di tutti. Così ci ha ricordato papa Francesco all’Angelus, domenica scorsa: “Se tu vuoi essere il primo, devi andare alla coda, essere l’ultimo e servire tutti … Il valore di una persona non dipende più dal ruolo che ricopre. Dal successo che ha, dal lavoro che svolge, dai soldi in banca; no, no, non dipende da quello; la grandezza e la riuscita, agli occhi di Dio, hanno un metro diverso: si misurano sul servizio. Non su quello che si ha, ma su quello che si dà”.
È l’esempio che abbiamo ricevuto dal Signore! Proprio questo esempio, in modo particolare voi, carissimi Felice, Michele e Silvio, siete chiamati ad accogliere e a testimoniare da diaconi. Andiamo con Gesù verso Gerusalemme, consapevoli di procedere su una strada che non è ricerca della nostra sistemazione, soddisfazione dei nostri interessi o egoismi, realizzazione dei nostri progetti, conquista di piedistalli da occupare per collocarci più in vista di coloro che in realtà sono esattamente come noi, fratelli e sorelle. Camminiamo in sua compagnia, verso una vita da spendere per gli altri, mai contro gli altri, da condividere per il bene soprattutto di chi è più piccolo. Evitiamo ogni scandalo e favoriamo sempre il bene.
Cari Felice, Michele e Silvio, riprendo volentieri le parole degli Orientamenti Pastorali diocesani che avete riportato sul biglietto di invito a questa ordinazione: “Svegliamoci, dunque, dal letale torpore che talvolta sembra prendere il sopravvento sull’opera di evangelizzazione che deve coinvolgere anzitutto noi stessi. Messis quidem multa (Lc 10,2), la messe è abbondante, il campo del mondo è il luogo dove agisce la grazia di Dio e il ricchissimo raccolto è pronto! Esso attende solo che umili operai escano a lavorare senza litigare tra loro, in sintonia con il Proprietario del campo che è Dio”.
Ho riflettuto molto su queste parole e mi fa piacere che le abbiate scelte: il Proprietario del campo è Dio, non dimentichiamolo mai, a noi il compito del servizio. Svegliamoci dal torpore che ci fa dimenticare l’opera di evangelizzazione alla quale siamo chiamati come Chiesa. Sentiamoci operai chiamati a lavorare con umiltà, in sintonia tra di noi e con Dio, perché la messe è molta e non possiamo perdere tempo con inutili litigi, facili chiacchiericci, sterili lamentele.
Auguro a tutti noi, in modo particolare a voi, carissimi Michele, Felice e Silvio, di colmare la distanza che sempre divide il nostro pensiero da quello del Maestro; di comprendere e accogliere gli insegnamenti e l’esempio di Gesù.
Fatevi servi!
Sia questo l’obiettivo e la verità della vostra vita!

+ Mons. Leonardo D’Ascenzo
Arcivescovo

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