«NOI PRESBITERI SIAMO CHIAMATI AD ANNUNCIARE IL VANGELO» – Omelia dell’Arcivescovo nella Santa Messa Crismale Giovedì Santo – 6 aprile 2023 Chiesa di S. Giuseppe  Opera Don Uva

Ostensione della Croce di Cutro

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«NOI PRESBITERI SIAMO CHIAMATI AD ANNUNCIARE IL VANGELO»

Omelia dell’Arcivescovo nella Santa Messa Crismale

Giovedì Santo – 6 aprile 2023

Chiesa di S. Giuseppe  Opera Don Uva

 

 

 

“Gli occhi di tutti erano fissi su di lui”. Gli occhi di tutti coloro che erano nella sinagoga, persone riunite in preghiera, in ascolto della Parola di Dio. Queste stesse persone vedevano Gesù, il figlio di Giuseppe, lo conoscevano bene perché era cresciuto in mezzo a loro, ma non erano in grado di riconoscere in lui il Messia. Il loro era uno sguardo miope, corto, incapace di andare oltre il semplice dato materiale.

Le parole pronunciate da Gesù, come dirà san Luca qualche versetto dopo il testo appena proclamato, risuonano scandalose e motivo sufficiente per cacciarlo fuori della città e condurlo, “pieni di sdegno”, fin sul ciglio del monte sul quale era costruita, con l’intenzione di gettarlo giù, ucciderlo, toglierlo di mezzo.

Il cuore indurito, pieno di sdegno, impediva ai loro occhi di riconoscere, di comprendere.

Quando il nostro cuore, indebolito per diversi motivi nella capacità di amare, dovesse essere abitato dallo sdegno, i nostri occhi non sarebbero più in grado di vedere. Quando il nostro sguardo, fosse condizionato da un cuore indebolito o “malato”, saremmo condannati alla superficialità, saremmo portati ad escludere l’altro, a non accoglierlo, a volerlo eliminare quando dovesse dire o fare qualcosa non in sintonia con il nostro modo di pensare o di comportarci.

Sentiamoci sotto lo sguardo del Signore, uno sguardo che parte dal suo cuore crocifisso, colmo di amore, di misericordia per ciascuno di noi.  Lasciamo che il Signore renda i nostri occhi capaci dello sguardo di accoglienza, di fiducia, di maturità.

Come presbiteri, sull’esempio di Gesù, consacrato con l’unzione, anche noi ci sentiamo chiamati e inviati a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore. È questo l’orizzonte della nostra vita e non possiamo non sentire il bisogno di convertirci, di abbandonare la durezza, lo sdegno, le chiusure.

La caratteristica primaria del presbitero, in questo cambiamento d’epoca, non può che essere la dimensione missionaria così come la intende Gesù: inviati ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi, agli oppressi per donare il lieto annuncio, la liberazione, la vista.

Questo ci impegna a domandarci, quando ci svegliamo la mattina: dove sono dirette le mie giornate? verso chi e verso che cosa? sono una risposta alla chiamata di Gesù o piuttosto un seguire i miei interessi, i miei bisogni?

E prima di dormire, nell’esame di coscienza, a domandarci: sono stato motivo o occasione di intristimento per il prossimo? i miei fratelli e sorelle si sono arricchiti o impoveriti incontrandomi? ho dato loro motivo per una maggiore luce per il cammino? sono e si sentono più liberi come figli di Dio?

L’efficacia del servizio di missione dipende, non dimentichiamolo e non facciamoci illusioni, dalla comunione che un presbiterio vive con il Vescovo e tra i presbiteri che lo compongono, così come ha detto Gesù: “che siano una cosa sola perché il mondo creda” (Cfr. Gv 17,21).

Siamo chiamati ad annunciare il Vangelo. È chiaro che la Parola che annunciamo non può non essere Parola testimoniata, e la prima testimonianza è quella della fraternità. Diversamente, le nostre parole risulterebbero parole vuote che, anziché essere a servizio della Parola le arrecherebbero danno, creerebbero ostacolo e muri davanti alle persone alle quali ci rivolgiamo.

Queste importanti verità le conosciamo molto bene. Quante volte fin dal tempo degli anni vissuti in seminario ci sono state richiamate, descritte, approfondite. Non possiamo dimenticarle o perderle. Il Signore ci aiuti a non seguire la via dell’individualismo, del disfattismo, della continua lamentela, del porci come ostacolo al cammino della nostra chiesa diocesana.

Permettete, prima di concludere, un riferimento alla croce di Cutro, portata dai giovani della Comunità CASA di Ruvo di Puglia, qui presenti. Ringrazio, per questo, la Comunità Oasi 2 San Francesco. Credo che nel nostro cuore ancora risuonino le parole di Papa Francesco pronunciate durante la preghiera dell’Angelus domenica 5 marzo scorso:

Esprimo il mio dolore per la tragedia avvenuta nelle acque di Cutro, presso Crotone. Prego per le numerose vittime del naufragio, per i loro familiari e per quanti sono sopravvissuti… e rinnovo a tutti il mio appello affinché non si ripetano simili tragedie… Le limpide acque del Mediterraneo non siano più insanguinate da tali drammatici incidenti! Che il Signore ci dia la forza di capire e di piangere” (Papa Francesco, Angelus).

Tra poco, cari presbiteri, rinnoverete le promesse che il giorno dell’ordinazione avete fatto davanti al Vescovo e al popolo santo di Dio del quale, non dimentichiamolo, anche noi facciamo parte. Non apparteniamo ad una categoria diversa da quella di popolo di Dio. Il Signore rinnovi nel vostro cuore il desiderio di essere testimoni nel mondo della sua opera di salvezza. Nelle nostre relazioni non trovi mai posto lo sdegno, la chiusura, la rinuncia, la cattiveria; sia riconoscibile, quando ci guardiamo negli occhi, il nostro orientamento all’amore per Dio e per il prossimo: è quello che il Signore e la nostra gente si aspettano. La nostra vita, il nostro ministero, possano comunicare quanto è stato detto qualche giorno fa da Papa Francesco che, lasciando il Gemelli, si è intrattenuto a parlare con i giornalisti e ad uno di loro che osservava: “Lei non si è fermato neanche in ospedale”, ha risposto: “È la cosa più bella, sai. Come prete, la cosa più bella è essere prete”.

A voi presbiteri auguro di sperimentare ogni giorno, con occhi puri e cuore buono, che la cosa più bella, per noi, è essere e fare i preti. E che tutti se ne possano accorgere.

A tutti gli auguri di una Santa Pasqua!

 

 

OMELIA DELL’ARCIVESCOVO NELLA MESSA CRISMALE