“La Città di Barletta – ha detto il Vescovo – ha un volto espansivo, cordiale, intraprendente, ancorato alle tradizioni più nobili del passato”. La famiglia qui è sentita “come un bene indispensabile”. I segni di questo dato sono rappresentati dal fatto che “Barletta non ha avvertito il bisogno di istituire case di riposo (case protette) che sono pure necessarie per situazioni particolari” e dall’indice di natalità che è notevole “nonostante la cultura diffusa di ridurre al massimo la presenza dei figli, motivata da preoccupazioni materiali e da un certo egoismo”. Su altro versante, la parrocchia rimane punto di riferimento “sociale e religioso del nostro popolo”, soprattutto nelle periferie.
L’incontro con il mondo della scuola gli ha fatto cogliere una presenza vivace e numerosa di
bambini, ragazzi e giovani che sono nelle mani di personale educativo qualificato e di alta competenza educativa. Anche le scuole cattoliche rappresentano “una ricchezza per la Città” che sono “l’unica possibilità che hanno le famiglie per fare una loro scelta libera per l’educazione dei figli”. Nel discorso del Vescovo trovano posto anche il nuovo ospedale, con il quale dovrebbero essere potenziati al meglio “i servizi della cura agli ammalati”, e la zona industriale che rivela “il volto umano del nostro popolo fatto di intraprendenza e di vivacità imprenditoriale”. Di più, ai fini dello sviluppo di Barletta, bisogna che si valorizzino soprattutto il litorale, la zona archeologica di Canne, le industrie, l’agricoltura. Ma tutto questo – avverte il presule – non può essere disgiunto “dall’opera educativa delle coscienze dei cittadini. Senza un animo ricco di ideali e di virtù non ci può essere vero e duraturo progresso”. Tutto sommato positivo il giudizio del Vescovo sulla Città di Barletta. Ma non vanno nascoste le ombre da lui riscontrate a Barletta nel corso della sua visita pastorale: “ossia le povertà, soprattutto morali, direi, ma anche materiali come la crisi di occupazione nel lavoro”.
Per il futuro, il Vescovo auspica una collaborazione perché non perda si perda di vista il bene comune e “la memoria storica di un passato luminoso e saper costruire, con l’aiuto di Dio, una cultura di solidarietà e di amore tipica del Cristianesimo del nostro Sud. Non è facile nel nostro tempo crescere nella civiltà dell’amore cristiano, perché c’è una tendenza al soggettivismo e relativismo.”
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